Per “responsabilità amministrativa degli enti” si intende un terzo genere di responsabilità (aggiuntiva rispetto a quella civile e penale, già note nel nostro ordinamento giuridico tradizionale) introdotta nel 2001 in Italia con il D. Lgs. 231/2001, con lo scopo di sanzionare gli “enti” (per esempio, le società, anche prive di personalità giuridica) in occasione di taluni reati. A norma di tale decreto, le società e più in generale gli enti sono ritenuti direttamente responsabili per taluni reati commessi dai soggetti che agiscono nel loro interesse o a loro vantaggio.
L’obbiettivo del Decreto è di perseguire più efficacemente i crimini societari e favorire la nascita di una cultura della legalità nello svolgimento delle attività di impresa. Infatti, tra i primi reati perseguiti con tale tipologia di responsabilità, vi erano esclusivamente illeciti di natura dolosa quali l’indebita percezione di erogazioni, la truffa in danni dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e la frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico, nonché la concussione, l’induzione indebita a dare o promettere utilità e la corruzione. Con ulteriori integrazioni al testo originale, sono tuttavia state inserite nell’elenco dei reati presupposto numerose ulteriori fattispecie comprensive anche di illeciti di natura colposa. Basti citare al riguardo, i reati di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché taluni reati ambientali elencati nell’art. 25-undecies del D. Lgs. 231/2001.
Quindi, con gradualità e senza addivenire a una generale applicazione della responsabilità amministrativa degli enti a ogni reato commesso da un apicale o sottoposto, all’interno di un ente e per il suo interesse e vantaggio, si è assistito negli ultimi 20 anni ad un ampliamento delle ipotesi di reato che, pur definite in un elenco tassativo, richiederebbero un’indagine sull’eventuale coinvolgimento dell’ente in tale condotta illecita.
Il rimprovero che l’ordinamento prevede nei confronti dell’ente è infatti connesso a una supposta “colpa organizzativa”. Per non soggiacere a tale responsabilità è richiesto all’ente di dimostrare di essersi dotato di un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione del reato (presupposto), modello che deve essere reso effettivo ed efficace, attraverso la sua applicazione e vigilanza e la nomina di un Organismo a ciò dedicato (l’Organismo di Vigilanza, c.d. OdV).
Il modello organizzativo, dunque, pur non costituendo un obbligo normativo, ovvero un requisito necessario per lo svolgimento dell’attività da parte dell’ente, diviene una condotta organizzativa diligente (tanto che la sua mancanza costituisce “colpa organizzativa”) in tutti i casi n cui vi sia, per la tipologia di impresa esercitata, il “rischio” di commettere uno dei reati presupposto il cui elenco tassativo è definito dal D. Lgs. 231/2001.
Vale solo la pena di accennare in questa sede quali ripercussioni ciò possa avere nell’ambito della responsabilità propria, per esempio, del consiglio di amministrazione nei confronti dei soci di una società.
A integrazione dei questa brevissima e senz’altro reticente premessa, seppur sempre in via introduttiva, si consiglia la visione dei seguenti video che, attraverso brevi pillole, forniscono una migliore illustrazione dei temi principali a cui è connessa la responsabilità amministrativa.